Alimenti brucia grassi Parte 10, parliamo del pesce

Per un apporto maggiore di omega 3, anti infiammatori e capaci di contrastare l’accumulo di grasso, anche consumare pesce può risultare di aiuto, tuttavia bisogna saper scegliere il tipo di pesce per garantirsi un rapporto ottimale tra acidi grassi omega 3 e omega 6 e limitare l’apporto di sostanze inquinanti
Nel post precedente dedicato all’alimentazione brucia grassi abbiamo visto che una delle cause dell’epidemia di obesità del mondo occidentale può essere lo sbilanciamento tra omega 6 e omega 3 assunti con la dieta. Questi acidi grassi infatti, pur essendo entrambi indispensabili al corpo, hanno un effetto diverso. Gli omega 6, infatti, sono pro infiammatori e stimolano l’adipogenesi, gli omega 3, invece, contrastano le infiammazioni e la produzione e l’accumulo di grasso. Un rapporto ottimale tra omega 6 e omega 3 capace di avere effetti benefici non solo sul peso corporeo ma anche sulla salute del sistema cardiovascolare e, più in generale, del corpo proteggendolo da tumori e malattie degenerative dovrebbe essere di 1-4 / 1.
Invece quello a cui si assiste è un’esplosione di livelli di omega 6 introdotti con la dieta tanto da arrivare al rapporto 20 / 1 [1]. Abbiamo visto come questo sbilanciamento sia in parte dovuto ai mangimi somministrati agli animali da cui si ottengono latte, latticini e uova e anche alla scelta di preferire oli di semi al sanissimo olio d’oliva. Ma non è finita qua. Oggi vediamo il problema del pesce. Il pesce compare poco sulle nostre tavole, tuttavia, in alcuni casi, potrebbe diventare un’ottima fonte di omega 3, ma solo se opportunamente scelto. Questo è il caso dei pesci grassi come salmone, sardine, alici, sgombri, aringhe, branzino e, in misura minore, tonno e gamberetti [2][3]. Purtroppo però il discorso non è così semplice come si potrebbe pensare e non basta aumentare le porzioni di questi pesci per garantirsi più omega 3 e più salute.
Per quanto riguarda le sardine e le acciughe il loro consumo è sicuro e salutare, dal momento che contengono elevate quantità di omega 3 e quantità limitate di inquinanti. Lo stesso discorso vale per i gamberetti, anche se, in confronto, contengono quantità inferiori di omega 3 [4][5][6][7]. Per gli altri tipi di pesce la situazione è un po’ diversa. Infatti, al giorno d’oggi, circa la metà del salmone che si trova in commercio viene da allevamento e non è selvaggio. Il problema del salmone da allevamento è che, anche in questo caso come per mucche, capre e galline, il mangime ricco di oli ad alto contenuto di omega 6 ha deteriorato la qualità dell’apporto di grassi acidi essenziali. La quantità di omega 3 è sì aumentata, ma solo leggermente, e per contro è aumentata notevolmente la quantità di omega 6, peggiorando il rapporto tra omega 3 e omega 6 rispetto al salmone selvaggio [8].
Non solo, uno studio ha confrontato i livelli di contaminanti, come diossina e PCB, del salmone selvaggio del Pacifico e da allevamento dell’Atlantico e ha osservato che quest’ultimo presenta la quantità maggiore di sostanze tossiche [9]. Tra pesci di diversi allevamenti, il salmone meno contaminato proviene dall’America del sud, poi dall’America del nord e infine, il più contaminato, lo si trova in Europa [10]. Per cui, come prima indicazione, il salmone selvaggio è sicuramente una scelta migliore per la propria alimentazione per quanto riguarda l’apporto di acidi grassi omega 3 e quantità ridotte di sostanze tossiche. Nel prossimo post parleremo ancora di altre varietà di pesce che si trovano nelle pescherie.